Vincenzo Scattoni
UO di Urologia, Ospedale San Raffaele, Milano
Il tumore della prostata a basso rischio: cos’è e quanto è frequente
Il tumore della prostata (adenocarcinoma), pur essendo un tumore maligno, ha una ampia gamma di aggressività che varia da un aspetto “quasi” benigno (e quindi, potenzialmente, non da trattare o curare immediatamente) a delle forme notevolmente aggressive che possono essere anche fatali.
Uno dei parametri istologici (alla biopsia) più importanti per definire e “misurare” l’aggressività è lo score (punteggio) di Gleason, che è formato da due numeri (da un valore di 3 a 5) e dalla sua somma (detto appunto score). Per fare un esempio esemplificativo, il referto della biopsia riporterà la seguente dicitura: adenocarcinoma prostatico, Gleason 3+4 con score = 7. Il primo numero descrive il grade istologico della popolazione cellulare più rappresentata all’interno del tumore, il secondo il grade istologico della popolazione cellulare meno presente all’interno del tumore. Nell’esempio prima riportato, la popolazione più rappresentata ha caratteristiche con grade di tipo 3 e quella meno rappresentata con caratteristiche di grade tipo 4, con somma (score) uguale a 7 (Gleason score 7=3+4).
Dal 2016 è stata introdotta dall’ISUP (International Society of Urological Pathology)(dopo approvazione della Organizzazione mondiale della sanità, World Health Organization=WHO) una nuova classificazione, chiamata Grade Group (GG), che distingue i tumori in 5 gruppi. Questa nuova classificazione presenta il vantaggio di una maggiore semplicità e immediatezza (il grado più basso è 1) e si correla meglio alla prognosi.
ISUP Grade Group (GG) | Gleason corrispondente |
---|---|
Grado 1 (I/V) | 3 + 3 = 6 (o inferiore) |
Grado 2 (II/V) | 3 + 4 = 7 |
Grado 3 (III/V) | 4 + 3 = 7 |
Grado 4(IV/V) | 4+4=8 3+5=8 5+3=8 |
Grado 5(V/V) | 4 + 5 = 9 5 + 4 = 9 5 + 5 = 10 |
Un altro modo, non solo istologico, per ”misurare” l’aggressività è quello di valutare il tumore in classe di rischio (vedi tabella) che utilizza anche altri parametri oltre allo score di Gleason, come il PSA e lo stadio clinico (valutato con la esplorazione rettale o con la ecografia prostatica TR o ancora meglio con la risonanza magnetica multiparametrica).

Circa il 20-30% di tutti i casi di tumore della prostata diagnosticati sono, alla biopsia, con un basso grado istologico, detto GG1 o tumori a basso rischio, ovvero con un punteggio di Gleason 3+3. Questi tumori sono spesso detti “indolenti”, oppure “clinicamente non significativi”, a differenza dei tumori di gruppo 2 (GG2) o superiore (Gleason 3+4 o maggiore)(tumore a rischio intermedio), che sono invece detti “clinicamente significativi”.

Negli anni è stato dimostrato che la probabilità di sviluppare metastasi, e quindi morire di tumore della prostata, in caso di tumori a basso rischio (o GG1), è molto molto bassa (o nulla). Inoltre, un importante studio clinico ha evidenziato che non esiste una differenza di mortalità qualora i pazienti con tumore della prostata localizzato a basso rischio siano sottoposti alla chirurgia, alla radioterapia, o alla sola osservazione (studio Protect) e che quindi il trattamento di questo tumore non porta alcun vantaggio rispetto a non trattarlo al momento della diagnosi.
Lo studio TRIO ha valutato una tecnica di biopsia prostatica mirata alle zone sospette identificate dalla risonanza magnetica (colonne “Targeted” e “Combined”), evidenziando che circa il 30% dei tumori diagnosticati sono di gruppo 1 (area blu del grafico), cioè a basso grado (Adattato da Ahdoot M, et al, N Engl J Med 2020;382:917-928).

La sorveglianza attiva del tumore della prostata a basso grado: razionale
Avendo dimostrato l’assenza di un beneficio in termini di sopravvivenza fra chirurgia, radioterapia e osservazione del tumore della prostata localizzato, intorno agli anni 2000, è stata proposta una strategia di controllo per il tumore della prostata a basso grado (ovvero Gleason 3+3), detta sorveglianza attiva. Il razionale di questa strategia è EVITARE o RITARDARE, il trattamento attivo che, notoriamente, ha molti effetti collaterali importanti e che possono inficiare sulla qualità della vita del paziente dopo trattamento. In tutte le linee guida mondiali (vedi quelle della NCCN del 2024), ad oggi, la sorveglianza attiva del tumore della prostata a basso rischio è la prima opzione.

La sorveglianza attiva ha, quindi, la finalità di ridurre il rischio complessivo delle conseguenze/effetti collaterali dell’intervento chirurgico (ad esempio l’incontinenza e l’impotenza), o della radioterapia, (ad esempio le irritazioni della vescica e del retto) mantenendo invariato il risultato dei benefici clinici.
La sorveglianza viene presa in considerazione quando lo stadio della malattia prostatica non richiede ancora un trattamento attivo che, quindi, NON risulta ancora necessario. Tale trattamento viene, eventualmente, posticipato nei casi quando, durante i controlli, la malattia si aggrava. Solo in questi casi, il trattamento diventa utile, conveniente e necessario per cui “vale la pena” correre i rischi di sviluppare tutte le possibili conseguenze e gli effetti collaterali.
La sorveglianza attiva prevede quindi di effettuare dei controlli ripetuti nel tempo, misurando i valori di PSA, effettuando la risonanza magnetica multiparametrica, e ripetendo, nel tempo, le biopsie prostatiche.

Come funziona la sorveglianza attiva
La sorveglianza attiva prevede di effettuare dei controlli ripetuti nel tempo, misurando i valori di PSA, effettuando la risonanza magnetica multiparametrica, e ripetendo nel tempo le biopsie prostatiche.
Vi sono, nel mondo, diversi protocolli e schemi che sono stati validati. Non ce ne uno migliore dell’altro e si differenziano solamente per il timing dei controlli. Quello che viene seguito di più a livello europeo è il PRIAS, quello più “vecchio” è quello della Università di Toronto (dove è nata la sorveglianza attiva), mentre quelli americani (sono diversi) seguono criteri più “stretti” per problematiche legali e assicurative.

Più nel dettaglio, dopo la diagnosi di tumore della prostata a basso grado e dopo avere scelto di aderire alla sorveglianza attiva, vengono stabiliti dei momenti in cui gli esami diagnostici (PSA, risonanza e biopsia) vengono ripetute: ovvero entro il primo anno di sorveglianza, al quarto anno, al settimo anno, e ogni circa cinque anni, nel lungo termine (vedi tabella). L’unico esame che viene ripetuto con frequenza più alta è il dosaggio del PSA, che normalmente viene eseguito ogni quattro/sei mesi, in alcuni casi, soprattutto nei primi anni di sorveglianza attiva, può essere ripetuto anche ogni tre mesi. La risonanza magnetica multiparametrica, invece, viene solitamente ripetuta prima di ogni biopsia di controllo, e circa ad ogni anno. È importante notare che si possono ripetere sia la risonanza magnetica che la biopsia prostatica ad un anno in quanto è possibile che vi siano stati degli errori di campionamento nella biopsia diagnostica iniziale. Lo schema presentato nella figura riguarda una strategia standard, naturalmente è possibile variare la frequenza degli esami anche a seconda dell’età e di eventuali altri problemi di salute del paziente. In particolare, in pazienti molto anziani, o con malattie croniche invalidanti è possibile effettuare i controlli con frequenza meno ravvicinata. Parimenti, in caso di repentini innalzamenti del PSA, vengono solitamente anticipate sia la risonanza magnetica che la biopsia di controllo.
Il ruolo della biopsia prostatica
Storicamente, i controlli della sorveglianza attiva erano fondati sulla ripetizione della biopsia prostatica, fino anche a ripeterla ogni anno. La biopsia prostatica resta tutt’oggi fondamentale nella strategia di controllo nel tempo, in quanto è l’unico modo per sapere cosa stia avvenendo nella prostata, anche se viene, però, eseguita con cadenza triennale grazie all’utilizzo della risonanza magnetica multiparametrica che ne è un ottimo surrogato. L’obiettivo della biopsia prostatica di controllo è la diagnosi del tumore della prostata significativo, ovvero del gruppo 2 (GG2) o superiore (punteggio di Gleason 3+4 o maggiore), in modo tale da poter discutere le eventuali opzioni di trattamento con il paziente.
Istologia di un tumore Gleason 3+3=6

Il ruolo della risonanza magnetica multiparametrica (PIRADS e PRECISE)
La risonanza magnetica multiparametrica della prostata permette di effettuare una sorta di fotografia della ghiandola e di valutarne le caratteristiche radiologiche. Questo esame diagnostico è fondamentale sia quando esiste un sospetto di tumore della prostata, ovvero al momento della diagnosi, sia durante la sorveglianza attiva del tumore della prostata a basso grado, in quanto permette di valutare nel tempo l’evoluzione di eventuali aree sospette. Nel contesto della sorveglianza attiva esistono due principali indicatori nella risonanza magnetica multiparametrica: il punteggio PI-RADS, che indica la presenza di aree sospette per tumore nella ghiandola, e il punteggio PRECISE, che indica invece l’evoluzione di tali aree nelle risonanze ripetute nel tempo.
Punteggi PI-RADS e PRECISE della risonanza magnetica multiparametrica della prostata in sorveglianza attiva. È bene ricordare che entrambi i punteggi sono su una scala da 1 a 5, tuttavia il punteggio PI-RADS indica quanto è probabile che in una determinata area della prostata sia presente un tumore significativo, mentre il punteggio PRECISE descrive il cambiamento di tali aree. Sono quindi due punteggi indipendenti, con significati clinici diversi.



Attualmente esiste un dibattito scientifico sulla necessità di ripetere le biopsie prostatiche nel tempo qualora la risonanza magnetica multiparametrica risulti stabile. Certamente la probabilità di trovare un tumore significativo (GG2 o maggiore, ovvero <=Gleason 3+4) è bassa in caso di risonanza con punteggi di sospetto bassi (PI-RADS 1, 2, 3), oppure in caso di stabilità radiologica (PRECISE 1-3). Tuttavia, non esistono in letteratura scientifica studi sufficientemente convincenti per supportare l’omissione delle biopsie di controllo in caso di risonanza stabile, anzi, esistono dati che dimostrano che la probabilità di trovare un tumore con grade gruppo (GG) maggiore >2 sia di circa il 30% in caso di risonanza magnetica stabile nel tempo. Si consideri che, normalmente nella pratica clinica comune, si valuta di non eseguire la biopsia prostatica se il rischio di trovare un tumore significativo è inferiore al 10%.
Cambiamenti della strategia di controllo
Qualora alle biopsie di controllo sia evidenziato un tumore della prostata significativo (gruppo 2 o superiore, cioè Gleason 3+4 o maggiore), è opportuno discutere con l’urologo curante la necessità di effettuare ulteriori accertamenti in vista di un possibile intervento chirurgico (prostatectomia radicale) oppure radioterapia, oppure terapia focale. Tuttavia, qualora la percentuale di tumore della prostata significativa fosse molto contenuta, è possibile continuare la sorveglianza attiva, soprattutto se la risonanza magnetica ha un punteggio PI-RADS basso, oppure in presenza di valori di PSA bassi. In altri casi, al raggiungimento di una elevata età (tipicamente 80 anni), o qualora esistano altre malattie che precludono la possibilità di continuare con i controlli, si continua con una strategia di sola osservazione, anche nota come vigile attesa, ovvero continuando solamente a dosare il PSA con frequenza annuale, oppure smettendo di effettuare tutti i controlli.
Risultati a lungo termine della sorveglianza attiva
Circa il 50% dei pazienti che iniziano la sorveglianza attiva con un tumore della prostata di gruppo 1 vengono poi trattati a cinque/dieci anni dalla diagnosi, solitamente a causa di una biopsia di controllo che ha evidenziato un tumore di grado più elevato.
Probabilità di diagnosi di tumore significativo (gruppo 2 o maggiore) alla biopsia di controllo in sorveglianza attiva, a seconda della variazione della risonanza magnetica in sorveglianza attiva (Adattato da Chesnut G, et al, Eur Urol, 2020, 77(4):501-507). Si noti che in questo studio la variazione è definita solo per il punteggio PI-RADS, senza considerare le dimensioni della lesione e senza usare il punteggio PRECISE.

L’incidenza di eventi avversi, come metastasi, oppure mortalità causata dal tumore della prostata è molto bassa in sorveglianza attiva, in particolare, il rischio di metastasi e mortalità tumore-specifica è di circa 1% a 10 anni dalla diagnosi. I pazienti che iniziano la sorveglianza attiva con elevati valori di PSA oppure con una risonanza magnetica multiparametrica sospetta (PI-RADS 4 o 5) sono a maggiore rischio di progressione (per un tumore di più alto grado), quindi di avere necessità di trattamenti nel tempo. I risultati oncologici della chirurgia effettuata dopo un periodo di sorveglianza attiva terminato con la diagnosi di un tumore di grado 2 o più alto sono comparabili a quelli dei pazienti con le medesime caratteristiche ma che sono stati diagnosticati con un tumore dello stesso grado fin dall’inizio. Quindi ad oggi, non sembra “svantaggioso” trattare il tumore a basso rischio solo quando diventa più aggressivo.

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