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  • Vincenzo Scattoni

Ipertrofia prostatica benigna: pillola o bisturi?

La terapia della IPB sintomatica è attualmente molto variabile: le alternative spaziano infatti dalla semplice osservazione nel tempo, al trattamento medico (alfa bloccanti, inibitori della 5-alfa reduttasi,


estratti vegetali), a quello chirurgico invasivo (endoscopico o a cielo aperto).

La scelta deve partire innanzitutto dalla quantificazione dei disturbi minzionali e dalla valutazione della qualità di vita del paziente che, adeguatamente informato delle alternative terapeutiche (compresa l’osservazione vigile), deve essere coinvolto attivamente nell’iter decisionale.

Se i sintomi sono lievi e poco o per nulla fastidiosi e gli esami strumentali effettuati non indicativi di grave ostruzione, il semplice monitoraggio annuale costituisce, infatti, la scelta più opportuna.

Se i disturbi minzionali sono invece più marcati e fastidiosi si deve prendere in considerazione una terapia, medica o chirurgica.

I disturbi minzionali: una genesi complessa
I disturbi disurici: una genesi complessa

Nella valutazione del paziente con IPB bisogna, tuttavia, tenere anche in considerazione la storia naturale della IPB. La storia naturale di una malattia delinea la sua evoluzione nel tempo in assenza dell’intervento medico. Nel caso della prostata, è difficile descriverne la storia naturale e determinarne la reale incidenza e prevalenza a causa della mancanza di una precisa definizione d’ipertrofia prostatica dal punto di vista clinico. Tuttavia, il problema può essere parzialmente superato analizzando le conseguenze della ipertrofia prostatica in termini, ad esempio, di sintomi o di complicanze. La progressione della ipertrofia prostatica dal punto di vista clinico potrebbe essere definita da una serie di fattori quali il peggioramento dei disturbi minzionali, una riduzione del flusso minzionale, una continua crescita del volume prostatico, o dalla comparsa di alcune complicanze quali macroematuria, infezioni delle vie urinarie e un aumentato rischio di ritenzione acuta d’urina o la necessità di un intervento chirurgico.


I parametri considerati sono:

1. Peggioramento dei sintomi;

2. Diminuzione del Qmax;

3. Aumento del volume prostatico;

4. Aumento della incidenza di ritenzione acuta di urina (AUR) e/o necessità di chirurgia;

5. Elevazione dei livelli sierici di PSA.

Il riconoscere che esistono elementi clinici di evolutività richiede un nuovo approccio al management della malattia, nel senso che il medico deve identificare e seguire nella loro evoluzione i suddetti parametri.

In questi ultimi 20 anni sono stati compiuti diversi studi clinici che hanno permesso di identificare i fattori più forti nel predire la progressione dell’ipertrofia prostatica (tabella 2). Questi fattori di rischio non devono, tuttavia, essere presi in considerazione singolarmente e la loro forza dipende, a loro volta, da altri fattori di rischio quali l’età (o il PSA). Per esempio, la misurazione della qualità della vita è considerato un debole indicatore di progressione, ma l’intensità di questo parametro aumenta se si tiene conto del valore del PSA fino a diventare un forte indice se normalizzato con l’età. Il volume prostatico è considerato un forte indicatore di progressione e questo diviene anche più forte se normalizzato in funzione del PSA. Infine, un alto valore basale di PSA è in grado di predire un notevole incremento del volume prostatico. La ritenzione ha un forte potere predittivo di progressione, ma diventa ancora più attendibile all’aumentare del valore di PSA, mentre la chirurgia è un debole fattore predittivo, ma anch’esso cresce se si prende in considerazione il PSA. Il trattamento (p.es. chirurgico) può diventare un forte indicatore se nello studio sono stati valutati specifici requisiti di quando trattare il paziente.

Questi parametri, anche secondo le linee guida della Società europea di Urologia, devono attualmente essere usati nel processo decisionale per identificare quei pazienti che mostrano segni di più pronunciata progressione dei disturbi e per cui possono essere programmati strategie preventive.



TERAPIA MEDICA

La moderna terapia medica dell’IPB costituisce la parte più interessante poiché può avvalersi di validi sussidi, che devono essere naturalmente impiegati nei singoli casi a seconda della sintomatologia e delle condizioni generali del paziente.

Partendo dal principio che l’ostruzione riconosce due componenti: una statica (meccanica, legata l’ingrossamento della ghiandola) ed una dinamica (legata all’ipertono delle fibrocellule muscolari lisce del collo vescicale e del complesso prostato-uretrale), la terapia si rivolge all’una o all’altra di queste ottenendo, come vedremo, ottimi risultati.


Inibitori della 5-alfareduttasi (5ARI)(finasteride-dutasteride)

La finasteride, inibitore della 5 alfa reduttasi di tipo 1, e la dutasteride (inibitore della 5alfa retuttasi di tipo 1 e tipo 2) sono i farmaco ad essere impiegato a combattere la componente meccanica dell’ostruzione, l’ipertrofia della prostata.

Numerosi studi clinici hanno dimostrato che questi farmaci possono determinare un miglioramento del flusso massimo (1,3-2,4 ml/sec in media) in circa il 60% dei pazienti, una riduzione del punteggio sintomatologico (2,1-5,2 punti in media) nel 60-70% dei casi ed una riduzione del volume prostatico di circa il 20-30% nell’85% dei pazienti. In particolare, il volume prostatico basale si è dimostrato un importante fattore predittivo della risposta alla terapia. Essa, infatti, si è dimostrata più efficace nei pazienti con prostate voluminose (> 40 gr.) che rappresentano d’altro canto la maggior parte dei casi di ipertrofia prostatica sintomatica. I risultati clinici si rendono più evidenti dopo almeno 6 mesi di terapia. é stato anche osservato che la terapia con ARI nei pazienti con sintomi minzionali moderati-severi e con ghiandola prostatica ingrossata, si è dimostrata in grado di ridurre del 57% il rischio di ritenzione urinaria e del 55% quello di intervento chirurgico. Le complicanze segnalate dopo prolungata terapia con ARI sono legate alla sfera sessuale e sono rappresentate da impotenza (2,1-5,1%), riduzione della libido (1,5-3,3%), riduzione del volume dell’eiaculato (0,3-2,6%) e ginecomastia (1,8%). Pertanto la prescrizione e l’uso del farmaco nei soggetti sessualmente attivi devono essere tenuti sotto attento controllo. Tali complicanze sono però generalmente reversibili con la sospensione della terapia. I 5ARI abbassano il valore del PSA di circa il 50% dopo 3-6 mesi, per cui è consigliabile eseguire un prelievo del marcatore prima di iniziare il trattamento per poi raddoppiarne il valore ai vari controlli semestrali successivi onde non interferire con la eventuale diagnosi di carcinoma prostatico.



Alfa bloccanti

I farmaci che bloccano i recettori alfa rappresentano, secondo le linee guida della maggiori società scientifiche urologiche, la soluzione di prima scelta dell’ipertrofia prostatica.

Gli alfa bloccanti utilizzati attualmente sono selettivi per i recettori alfa1-adrenergici prostatici e quindi presentano meno effetti collaterali dei prima farmaci alfa litici non selettivi. Tali sostanze farmaceutiche sono la doxazosina, la terazosina, l’alfuzosina, la tamsulosina e la silodosina.

Impiegando questi farmaci i disturbi minzionali migliorano in misura clinicamente significativa in circa il 70% dei pazienti con un decremento medio pari a 3,3-6,3 punti dello score sintomatologico (fig.7), il flusso massimo aumenta di 1,6-3,7 ml/sec nel 40% dei pazienti. Tali effetti vengono osservati dopo poche settimane di trattamento e perdurano nel tempo con il mantenimento della terapia. L’efficacia della terapia è stata anche dimostrata in termini di riduzione del residuo post-minzionale e mediante lo studio pressione/flusso. Un vantaggio non indifferente di questi farmaci è quello di non influenzare negativamente la sfera sessuale anche se alcuni di essi possono presentare eiaculazione retrograda nel 30% dei casi.

I principali effetti collaterali sono rappresentati da vertigini (2,5-26%), astenia (2-14%), cefalea (0,5-13%) ed ipotensione ortostatica (0-8%). Nel 4-13% dei casi gli effetti collaterali conducono alla cessazione della terapia. Per alcuni alfa bloccanti è stata posta in evidenza una tolleranza superiore nei pazienti meno giovani (> 65 anni).

I pazienti con fattori di rischio di progressione possono attualmente giovarsi di una terapia di associazione tra alfa bloccanti e ARI. Diversi studi clinici hanno infatti dimostrato sostanziali benefici della terapia di associazione in questo gruppo di pazienti e le linee guida della EAU raccomandano l'impiego di questi farmaci in queste situazioni.




Terapie mediche alternative


Esse sono rappresentate da estratti di piante (Serenoa repens e Pygeum africanum quelle disponibili in Italia) e dalla Mepartricina. L’uso di tali sostanze nel trattamento dei disturbi minzionali correlati all’adenomatosi prostatica è comune soprattutto in Europa. Il meccanismo d’azione degli estratti vegetali non è stato ancora completamente chiarito e sono stati ipotizzati un effetto antiedemigeno, anti-infiammatorio, un’inibizione della 5 alfa-reduttasi e dell’aromatasi, una riduzione della globulina legante gli ormoni sessuali, un’alterazione del metabolismo del colesterolo e un’interferenza con alcuni fattori di crescita. Ad oggi non vi è tuttavia una forte evidenza scientifica che dimostri la reale efficacia di questi farmaci.ù

Recentemente è stata approvato e introdotto l'impiego del Tadalafil 5 mg (inibitore della 5fostodiesterasi) (farmaco impiegato per il trattamento dell'impotenza - deficit erettile) come trattamento dei disturbi minzionali determinati dalla ipertrofia prostatica benigna. Il farmaco è in grado di migliorare dopo 2 settimane la sintomatologia, ma non migliora il flusso massimo o l'ostruzione vescicale.



TERAPIE INVASIVE

I notevoli progressi e gli eccellenti risultati che la terapia medica ha ormai raggiunto in questo campo hanno permesso una notevole riduzione delle indicazioni alle tecniche invasive. D'altro canto l'introduzione di tecniche chirurgiche sempre meno invasive hanno permesso di rendere sempre più sicuro ed efficace il trattamento di questa patologia

L’indicazione al trattamento chirurgico infatti deve essere limitata ai casi con complicanze secondarie all’ipertrofia prostatica o ai pazienti con disturbi minzionali moderati-severi e con riduzione della qualità di vita, oltre naturalmente a quelli non responsivi alla terapia medica.

L’exeresi dell’adenoma prostatico per via endoscopica (TURP)(Fig 1) rappresenta a tutt’oggi la terapia che consente di ottenere i migliori risultati in termini di incremento del flusso minzionale, riduzione dei disturbi urinari e disostruzione comprovata urodinamicamente; essa costituisce, pertanto, la terapia di riferimento dell’ipertrofia prostatica. Numerosi studi hanno dimostrato un miglioramento sintomatologico in più dell’80% dei casi ed un incremento del flusso massimo variabile da 8 a 18 ml/sec. La percentuale di ritrattamento a 10 anni è di circa il 10%.

Un’evenienza molto frequente dopo TURP è l’eiaculazione retrograda conseguente alla mancata chiusura del collo vescicale al momento dell’emissione del seme nell’uretra prostatica. Tuttavia, non è chiaro perché tale fenomeno non si verifichi costantemente o non sempre in modo completo, e perché appaia, almeno in parte, dipendente da fattori psicologici. In alcune casistiche la frequenza dell’eiaculazione retrograda è risultata minore in pazienti bene informati al riguardo pre-operatoriamente.

Accanto alla TURP, negli ultimi anni numerose si sono affermate molte altre procedure endoscopiche meno invasive che impiegano il Laser. In particolar modo il laser ad olmio sta diventando la tecnica più impiegata per il trattamento sia delle ipertrofie prostatiche di piccole sia quelle di grandi dimensioni. Oltre al laser ad olmio, più di recente, è stato introdotto il laser verde o a tullio che possono essere impiegati in molte situazioni cliniche.

Queste procedure sono senza dubbio promettenti in quanto permettono di abbreviare la degenza post-operatoria, consentono di ridurre le perdite ematiche e non infrequentemente conservano l’eiaculazione. Alcune possono addirittura essere eseguite ambulatoriamente in anestesia locale. La loro efficacia nella terapia dei disturbi minzionali da ipertrofia prostatica è stata indicata da diversi studi, ma al momento non è dimostrato con certezza che presentino la stessa efficacia della TURP, soprattutto nel lungo periodo.


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